Il vino senza nome
Strano destino quello del Tocai Friulano. Il vino simbolo del Friuli, bianco tra i maggiori della nostra penisola, per decisione della Comunità Europea nel 2007 ha dovuto cambiare nome, tramutandolo in quello di “Friulianoâ€, perdendo una battaglia con l’Ungheria (patria di quell’altro grande vino che è il Tokaji) che si protraeva dal 2003. “Friulanoâ€, dunque, a quanto pare. Il quale - a parte il fatto che si tratta di un aggettivo - non ci piace. Sarebbe forse stato meglio un nome che indicasse il comune o la sottozona che per prime hanno ricevuto fama da questo vitigno, di origine bordolese (lo sapevate?). Imparentato strettamente con il più famoso dei vitigni bianchi acquitani, il Sauvignon.
Si diceva della battaglia persa con gli ungheresi, per via dell’omonimia con il loro Tokaji. Vino ripetiamo della massima considerazione (nelle versioni passite, che si trovano in etichetta con la dicitura Aszù, è nettare mondiale paragonabile ai più grandi vini dolci del mondo), ma ottenuto in prevalenza dal vitigno Furmint.
Del tutto diverso dal “nostro†Tocai (pardon, Friulano), che vanta un carattere piuttosto spiccato, un profumo ed un corpo avvolgenti, note aromatiche di fiori di acacia, erbe aromatiche (melissa, limoncella), e mandorla dolce. Ma una acidità mai tagliente, una sapidità ancor più limitata, ed una gradevolissima nota amarognola nel finale di bocca (in ciò simile ad un altro grande vitigno italiano, il Verdicchio).
Un vitigno capace di dare vini di grande sostanza e distinzione, caratterizzati – strano per un bianco – dalla avvolgenza delle sensazioni, più che dal “mordente†e dal “dinamismo gustativoâ€.
Due le conseguenze principali: una non straordinaria propensione all’invecchiamento, ed una grande affinità elettiva, in sede enogastronomica, con la carne.
Intendiamoci bene, per carità : un buon Tocai non ha alcun problema a dribblare un terno di primavere, ed una selezione top dura tranquillamente un quinquennio almeno. Ma oltre, forse non c’è nemmeno bisogno di andare.
Piuttosto, come dicevamo, vi invitiamo a testare la grande propensione all’accostamento alle carni. Bianche ovviamente (pollo, tacchino, eccetera). Ed al prosciutto. Se non ci credete, chiedete pure ad un abitante “autoctono†friulano quale è il loro matrimonio d’elezione col San Daniele.
Bibliografia:
Stefi, Nichi, Friuli Venezia Giulia. Le terre giuliane, Hobby & Work, 2003
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