Nelle botti piccole c’è il vino buono…e in quelle grandi?
Ebbene si: anche lì, state pure tranquilli. Anche se, nei fatti, molto spesso si tende a considerare la botte piccola come unico recipiente adatto alla maturazione dei vini migliori, le cose non stanno così. Il mondo vinicolo è pieno zeppo di grandissimi vini elaborati in botte grande. Ovvero quei recipienti lignei di capacità superiore ai 400 litri (ma si può arrivare addirittura fino a 300 ettolitri, ovvero a botti grandi come stanze, a fronte dei 225 litri di capacità classiche delle barriques bordolesi). Tutti i migliori vini italiani della tradizione (ad esempio tutti i Barolo, Brunello di Montalcino e Amarone della Valpolicella fino alla metà degli anni ’80) furono ottenuti esclusivamente tramite affinamento in botti di grandi dimensioni.
A proposito della quali c’è bisogno di sfatare un mito: e cioè quello secondo cui la capacità di rilasciare profumi e gusti ai vini sia prerogativa esclusiva delle botti piccole.
Se è vero infatti che le botti piccole, e in particolare quelle nuove, rilasciano profumi molto intensi di vaniglia, cioccolato, tostatura, fumo, cocco e agrumi (questi ultimi due aromi riscontrabili soprattutto nei vini affinati nelle barriques americane, ottenute da legni particolarmente porosi e aromatici) è anche vero che le botti grandi rilasciano profumi di legno, mandorla tostata, e lieve speziato. Anche se è molto rara l’evenienza di imbattersi in un vino maturato in legno grande e con forti e/o eccessivi odori di legno, non si tratta nemmeno di un caso impossibile. In sostanza, occhio dunque, perché tutti i tipi di legno sono aromatici, e dunque assolutamente non neutri. Peraltro, alcuni studiosi addirittura sostengono che nemmeno le vasche di acciaio e quelle in vetroresina lo siano, e che l’unico materiale realmente neutro sia il vetro. Il quale, come recitava quello spot di alcuni anni fa, non sa nemmeno di vetro.
Bibliografia:
Navarre, Colette, Enologia, Hoepli, 2001;
Stevenson, Tom, Vini del Mondo. Grande Enciclopedia illustrata, De Agostini, 2006.
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