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Le voci del glossario sono tratte da l'Enciclopedia del Vino di Boroli Editore. |
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· BARRIQUE
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Piccola botte in rovere del Massiccio Centrale francese, della capacità di 225 l, tipica della regione di Bordeaux (ma usata anche in Borgogna con il nome di pièce e ormai diffusa in tutto il mondo). Serve per l’affinamento del vino ed è costruita con doghe non segate ma ottenute per spacco, piegate mediante il calore sviluppato da un fuoco acceso al suo interno. Se ne producono vari tipi che si differenziano per due elementi: il rovere con cui sono fatte, diverso a seconda della foresta di provenienza (Allier, Tronçais, Vosges, Limousin le più rinomate), e il grado di tostatura delle doghe provocato dal fuoco.
L’influenza sul vino L’influenza della barrique sul vino è molto più marcata di quella delle botti di capienza maggiore, per il diverso rapporto tra la quantità di vino e la superficie del legno e per la maggior aromaticità del rovere francese rispetto a quello balcanico. Ma la barrique non si limita a cedere al vino parte dei suoi tannini e delle sue componenti aromatiche (profumi di vaniglia e sentori tostati): la modesta porosità delle sue doghe (assai maggiore se fossero segate) comporta un limitato scambio con l’ossigeno presente nell’ambiente esterno, il che permette la microssigenazione del vino preservandolo da brusche ossidazioni. I suoi effetti sono quelli di un vero e proprio reattore biochimico, le cui caratteristiche sono state messe a punto dalle sperimentazioni di generazioni di vinificatori.
Il destino qualche volta sta scritto nel nome. Il termine italiano barricata deriva dal francese barrique, perché è con le botti che le barricate si erigono più rapidamente.
L’affermazione della barrique in Italia Era dunque fatale che con le barrique, diventate di moda nella penisola a partire dagli anni ’80 del 1900, si alzasse una barricata che ha diviso in due l’Italia enologica: di qua i suoi fautori, di là i detrattori, che si sono sparati raffiche di accuse. Perché tanta animosità ? Chi avversa la barrique sostiene che si tratta di un contenitore estraneo alla tradizione italiana, che modifica il vino, gli imprime un sapore di legno che si sovrappone alla sua personalità , la mortifica, l’appiattisce, la rende simile a quella di tutti i vini dal cosiddetto ‘gusto internazionale’. In realÂtà , nei secoli scorsi la barrique era di casa anche in Italia. A quei tempi infatti l’unico materiale usato per i recipienti del vino, a parte il vetro, era il legno; e il fustame era di tre diverse tipologie: i tini per la fermentazione, le grandi botti per la maturazione e i barili per il trasporto. Di piccole dimensioni e facili da stivare sui carri, questi ultimi non erano altro che barrique e venivano usati per trasferire il vino dalla cantina del produttore a quella dell’acquirente. Fu qualche négociant franÂcese, dice la leggenda, che ricevendo di ritorno da una spedizione in Gran Bretagna alcune barrique non ritirate dal compratore si accorse che il loro contenuto era migliorato durante il viaggio: il soggiorno nel legno aveva dato al vino una complessità aromatica, una pienezza e una longevità che alla partenza non aveva.
[C.P.]
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